Alessandro Trapezio |
a cura di Antonio Grulli Il compito che mi è stato affidato, scrivere la bio di Alessandro Trapezio (lui stesso mi ha incaricato), è molto semplice per me. Abito infatti con Alessandro da ormai almeno nove anni. Però, in effetti adesso che ci penso forse proprio per questo non è un compito facile. Anzi, è difficilissimo visto quanto anch'io ne faccio parte. Potrei anche arrivare a dire che scrivere la bio di Alessandro in un certo senso equivale a scrivere una parte della mia, soprattutto per quel che riguarda la mia vita bolognese dove mi sono trasferito una dozzina di anni fa e dove il Trapezio mi ha raggiunto poco dopo. Passato un periodo all'Accademia di Belle Arti, il nostro si accorge che una delle cose che maggiormente gli piace fare è stare dietro all'obiettivo della macchina fotografica. Inizia quindi a scattare in maniera amatoriale e inevitabilmente tra i primi soggetti, oltre a calde amiche di corso ma non solo, finiamo anche io e i coinquilini che si sono succeduti negli anni; su tutti il mitico Dani con cui ancora viviamo entrambi. Alessandro ci prende gusto, e anche i suoi soggetti sembrano apprezzare, tanto che alcuni iniziano a chiedergli di scattare in maniera più seria affidandogli alcune prime commissioni. Ad esempio le foto di alcune delle mie prime mostre, in particolare del progetto sulla scultura Fucina, sono state realizzate proprio da lui in quel periodo di primi passi nel mondo della fotografia. Anche alcune riviste, più o meno universitarie, come la leggendaria Daemon, iniziano ad avvalersi dei suoi lavori. E anche gruppi musicali di nicchia e della scena alternativa italiana chiedono di essere seguiti e documentati durante le performance live dal suo obiettivo. Il suo stile fin dall'inizio si denota per l'approccio caldo da cui nascono immagini che inevitabilmente risentono di questa attitudine. Le fotografie di Trapezio nascono sempre da una dimensione profondamente legata a quella che è la sua vita personale. C'è quasi sempre un legame biografico con i soggetti delle foto. Sono le persone che solitamente frequenta, o paesaggi e oggetti legati a un personale fatto non sempre dichiarato: la scena musicale e artistica bolognese e italiana, un viaggio con la persona amata, un luogo dell'infanzia, gli amici, una mostra con cui ha collaborato. Questo si riflette anche nel suo stile, mai freddo o distaccato; anzi, sempre caldo, dentro al soggetto, parziale, soggettivo, complice. è evidente come gli scatti di Alessandro nascano sempre nel momento in cui c'è un affetto che lo lega al soggetto. Dal mio personale ed egoistico punto di vista hanno poi un valore speciale le foto nate dal nostro rapporto di lavoro che si incrocia ormai in maniera indistinguibile con l'amicizia. Vi è una serie ormai enorme, che spero un giorno potremmo esporre nel contesto giusto, fatta di mostre, opere, scene conviviali di inaugurazioni, artisti, artisti che passano le giornate in casa con noi. Volendo trovare dei paragoni, senza spingersi nel passato rievocando (come ho già fatto in altri testi) i rapporti tra fotografi e scena culturale come nel caso di Mapplethorpe (o giganti c ome Tillmans che entrambi amiamo molto riempiendo la casa di suoi libri e cartoline), basti ricordare l'esempio di una giovane fotografa ormai di culto come Lauren Dukoff e i suoi scatti di amici della scena culturale e musicale americana e californiana. Giusto per capire come anche l'approccio di Alessandro sia perfettamente dentro a quella che è la migliore fotografia di oggi. Da ultimo voglio ricordare che Alessandro non solo se la spassa scattando in mezzo ai posti più cool in cui finisce. Infatti, anche da un punto di vista tecnico sa farsi valere: basti pensare al fatto che collabora in maniera continuativa anche presso la stilosissima azienda di vendita online Yoox, che mantiene buona parte dei fotografi bolognesi, e per la quale oltre a still life segue anche molti progetti speciali. Chiudo ringraziandolo ancora di essere stato e di essere tuttora la mia memoria fotografica di molti anni di vita e di lavoro.
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