Descrizione
SICILIE
Il riposo della carne di fronte al blu verdastro al verde bluastro del mare. Non dormo supina, ma di fianco, a proteggermi solo quei brandelli di stoffa che fanno il costume, un costume che è molto vicino a rivelare chi sono, che protegge dalla nudità, ma vi si approssima. Navigo in quello stato tra il sonno e la veglia, cullata dal rumore costante dell’acqua, che mi rimanda sempre a un altrove, avvicinandomi a cose lontane. Come un traghetto che si chiama Caronte che ha la potenza di approssimarmi alla mia terra e allontanarmi al contempo. Traghetto si chiama – “Io traghetto”, diceva Caronte. Avanti e indietro e muoio ogni volta che mi unisco alla penisola, risorgo ogni volta che mi unisco all’isola: Sicilia si, è di questo che parlo. La Sicilia è blu, è verde, è gialla, è rossa la Sicilia è colore primario. La Sicilia è acqua e fuoco, è terra e mare, è arida e bagnata, la Sicilia è ossimorica, tautologica, climax discendente e ascendente. La Sicilia è tutto e il contrario di tutto. La Sicilia essicca e reidrata.
La Sicilia avanti e indietro, sopra l’acqua sotto l’acqua. Trattieni il respiro, respira a pieni polmoni. Il sole in Sicilia alla fine spunta sempre: l’umore è regolato dai raggi solari, dalla tipologia di sabbia, dall’altezza degli scogli da cui puoi tuffarti; è difficile non trovare un motivo per cui ridere.
Le immagini richiamano suoni: la banda è sempre nell’aria, la possibilità di fare arrivare in alto i suoni della terra.
Le nuvole sono sintomatiche: gli squarci che contengono il sole.
La terra va attraversata scalzi; i piedi nudi che sentono il bollire della sabbia: è un’esperienza che se la evochi, senti i piedi bruciare; ma ricordi anche che a sanare quel calore c’è sempre l’acqua del mare.
I capelli, anche i più scuri, tendono magicamente al biondo, si seccano e bruciano, si arricciano anche i più sottili, seguono le curve delle onde.
Le ombre prodotte da quella luce sono nette.
Molte cose (le pareti soprattutto) sono scrostate, il sale pare essere sempre stato il responsabile dello scorticamento.
C’è il disegno che fanno le barche quando si muovono nel mare lasciando scie. Sembrano lasciare dei messaggi cifrati a noi che ci affacciamo da un balcone e guardiamo dall’alto. Sembrano invitare a un movimento ipnotico, una sorta di messaggio che si può trarre solo dalla superficie del mare.
Certe sicilie sono immaginarie, ed è la Sicilia a suggerirtele; è un po’ come la questione della Storia con la S maiuscola e della storia con la s minuscola: che sono le storie. Non credo una coincidenza che l’iniziale sia proprio la lettera S. Le sicilie nascono involontariamente nelle viscere del siciliano quando inizia ad abitare e percepire la Sicilia: ha a che fare con i primi passi, con i primi gesti che impara e le prime parole che pronuncia: gli idiomi come amuleti. Ha a che fare con la questione isolana, che ti consente di percepirti isolato e in qualche modo questo isolamento accresce la possibilità di inventare mondi dell’altrove, i mondi delle sicilie.
I mondi di “come vorresti che fosse la Sicilia”, un continuo racconto di alternative: meno e più di come è. I suggerimenti arrivano dall’acqua, ma anche dal fuoco delle eruzioni della Montagna (la madre Etna, che aleggia sempre, anche se sei all’altra punta). Le sicilie si moltiplicano quando – come spesso accade – devi lasciarla. Ti servono le sicilie per rimanere legato a Lei, è come quando ti allontani da qualcuno e inizi a fantasticare su com’era, così fai con la Sicilia.
Parrebbe che per avere sicilie, bisogna avere Sicilia, e invece è forse vero il contrario: per avere Sicilia, bisogna avere sicilie.
testo a cura di Francesca Greco