A Second To The Found Terminus

35,00 

Formato: 210 x 275 mm
Pagine: 120
Carta: Copertina sirio color nero gr. 290 – Interno Freelife cento e.w. gr. 120
Lingua: Italiano
Brossura: fresata
Stampa: Copertina 5+0 colori (serigrafia fondo bianco + quadricromia lucida immagine) – Interno 4+4

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Descrizione

A Second To The Found Terminus

La terra invita a essere penetrata, attraverso squarci in cui agiscono forze primordiali. Sfiorare la natura è cogliere la sua forza in costante mutamento, la sua energia incontrollabile ed eterna. Da ogni crepa si sente l’eco costante delle voci. Non esiste un solo paesaggio, ma molteplici, non solo fisici, ma mentali, immaginifici e immaginari. Un gioco di associazioni modifica ciò che si vede in ciò che potrebbe essere visto e, nel riconoscere questa possibilità, si realizza l’insufficienza del reale. Le voci provenienti dalle viscere – gli intestini – pulsanti della terra, emergono e si manifestano attraverso bagliori, luci brillanti, dai colori innaturali, che accecano chi le vede. Diventa chiaro che ciò che è sempre stato ricercato al di fuori, appartiene invece al nucleo della terra, che la luce che si è invitati a seguire, proviene dal suo epicentro. È, quindi, al centro e all’essenza che bisogna indagare, a cui si deve fare ritorno.
Così, occhi e corpo percepiscono il modificarsi di ciò che li circonda, sentono le voci e vengono sfigurati dalla luce. La neutralizzazione spoglia da ogni indumento e consente all’essere umano di iniziare a diventare parte integrante della natura. L’uomo, adesso nudo, riconosce la potenza di Gea, rappresentata da giganti dai solchi ramificati – grovigli originari – guardiani del limite.
Un memorandum, che ricorda la necessità di ri-connettersi, ri-conoscersi e ri-conoscere il rapporto con la natura; ricevendo un permesso eccezionale, all’essere vivente è consentito di essere accolto nei suoi interstizi, di attraversarli senza essere dilaniato, solo così sarà capace di comprendere l’immenso debito che ha verso di essa.
Teste di cervo, mani inanimate, sono preludio e indicazione del passaggio. L’essere vivente diventa traccia, reperto, indizio. Si assiste alla creazione di una nuova archeologia: l’archeologia dell’attraversamento, del superamento. Le logiche in cui l’uomo ha ingabbiato la natura, decadono, per lasciare spazio alle interconnessioni. Ciò che rimane è, quindi, testimonianza della consapevolezza che, non solo il reale, ma anche l’uomo è insufficiente e che è parte di un tutto, circostanza che non può più essere ignorata. Si ritorna a uno status primordiale, è un’invocazione a diventare humus, parte della terra e del territorio, che oltre la coltre di nebbia, apre un rapporto di convivenza. Le tracce lasciate nel percorso sono monito a chi verrà per comprendere, evolvere e tenere conto di queste nuove direzioni. Ecco che, come un serpente, l’essere vivente, si spoglia della sua pelle, per modellarne una nuova – plasmata più consapevolmente – che deriva dall’aver osservato con l’occhio quello che avrebbe potuto essere visto.

Informazioni aggiuntive

Giacomo Infantino

Nato a Varese nel 1993, si è laureato in Nuove Tecnologie dell'Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, con una tesi sulla committenza pubblica in Italia. Successivamente prosegue, nella stessa istituzione, il Master in Fotografia e Arti Visive che lo porterà a trasferirsi all’estero per completare gli studi presso l’Hochschule Für Grafik Und Bunchkunst di Lipsia. Dal 2020 è contributor per ZONE Magazine e attualmente lavora per Phroom Magazine.